Je suis Parisien di Lucio Bergamaschi

Je suis Parisien
di Lucio Bergamaschi
TOUR EIFFEL
Risuonano ancora le grida, gli spari, le esplosioni sui boulevard. Gli occhi sono ancora pieni delle immagini di morte, di orrore, di paura tra i tavolini dei bar, delle pizzerie, allo stadio, a teatro. Luoghi di vita normale, quotidiana che ciascuno di noi frequenterà d’ora in poi con un filo di apprensione in più. Ovvio che colpire una città amica, vicina, europea in questo modo così efferrato e plateale desti maggior impressione di un attentato a Beirut o dello stesso abbattimento dell’Airbus russo sul Sinai.
Ora si levano le preghiere, si accendono i lumini sulle finestre e nelle piazze di tutto il mondo anche nei nostri paesi ed è cosa buona. Ma domani, quando la quotidianità riprenderà inevitabilmente il sopravvento sull’emozione? Che risposta dare a questa barbarie, una risposta che sia efficace e duratura, che estirpi una volta per tutte la piaga del terrorismo?
Diciamo subito che non concordiamo con chi oggi mette all’indice l’intero mondo islamico. L’Islam è una religione, meglio un sistema socio-culturale che coinvolge oltre un miliardo di persone. In 1400 anni di storia ha prodotto arte, cultura, scienza, filosofia che ha in parte influenzato anche la nostra civiltà occidentale. Parole come Chimica, Algebra, Algoritmo, Almanacco, Carato, Cotone, Magazzino, Sorbetto, Zucchero, Zero, sono termini arabi che usiamo da secoli come nostri. Filosofi come Avicenna e Averroè hanno inciso profondamente sul pensiero medievale cristiano, la maggior parte delle stelle visibili a occhio nudo ha nomi arabi, noi contiamo con i numeri arabi.
Nella Baghdad degli abbassidi capitale del mondo islamico dal VII al XV secolo c’era un luogo – chiamato Bayt al-Ḥikma (letteralmente “la Casa della Sapienza”) dove intellettuali arabi, cristiani e indu dialogavano e si confrontavano sulle rispettive visioni del mondo. E’ un passato purtroppo ormai lontano. Da quasi un secolo con la caduta dell’impero ottomano le spinte più radicali (I fratelli Musulmani) si sono impossessate della leadership culturale del mondo islamico e hanno confinato i moderati – l’Università di Al Azar al Cairo – in un angolo. La nascita violenta dello stato ebraico proprio nel mezzo del mondo musulmano ha aperto una piaga da cui escono ancora dopo 70 anni fiotti di odio e di risentimento. L’Occidente deve saper discriminare, deve aiutare i moderati, deve isolare gli estremisti, non deve fare di ogni erba un fascio.
Non è facile: c’è carenza di interlocutori credibili, c’è la pressione demografica e dei flussi migratori provenienti da quelle aree che sembra soffocarci, c’è anche – diciamo – qualcuno dalle nostre parti che soffia sul fuoco sperando di incassare qualche dividendo politico. E’ un percorso stretto ma doveroso, l’unico alla fine credibile perché potremo bombardare più efficacemente le basi Isis – oggi è avvenuto e speriamo che continuino -, potremo coordinarci meglio tra Nato e Russia – e il dialogo odierno tra Putin e Obama fa ben sperare in tal senso – ma non potremo mai fare la guerra a un miliardo e duecento milioni di persone. Di Crociate ce ne sono state otto (o nove a seconda degli storici) e credo siano bastate. Certo questo Papa non si farà promotore della decima.
Per approfondimenti sulle posizioni della stampa araba,
http://www.oasiscenter.eu/it/articoli/jihadismo-e-violenza/2015/11/14/reazioni-di-stampa-e-istituzioni-arabe-e-musulmane-agli-attentati

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