Somma, che fine fanno gli indumenti usati?

    • Giuseppe Criseo
    • 08 novembre 2018
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CronacaArea Malpensa

chiediamo un regolamento comunale preciso per impedire tali volantini anonimi e oscuri

Da diversi giorni sono stati affissi agli ingressi delle abitazioni sommese dei cartelli anonimi che avvisano della raccolta ” in buono stato” di scarpe,borse,cinture,indumenti e biancheria.
Si cita pure il giorno del ritiro: mercoledì dalle ore 8 in poi anche in caso di maltempo.
Aggiungono pure alcune avvertenze: mettere il sacco in vista e ben chiuso, e non si risponde di oggetti erroneamente messi nel sacco, infine si avvisa che il personale no non è autorizzato a chiedere denaro.
Sembrerebbe una delle tante iniziative benefiche eppure non ci convince.
Non si sa da chi parte questa iniziativa, non c’è logo,indirizzo e sito o telefono di una qualsiasi associazione, onlus o ente e questo induce a varie riflessioni e dubbi.

si tratta di traffico di rifiuti?

L’art. 14, comma 1, della legge 19 agosto 2016, n. 166 dispone che: “Si considerano cessioni a titolo gratuito di articoli e di accessori di abbigliamento usati quelle in cui i medesimi articoli ed accessori siano stati conferiti dai privati direttamente presso le sedi operative dei soggetti donatari”. La norma, quindi, fa riferimento esclusivamente all’ipotesi di conferimento diretto da parte dei privati presso le sedi operative dei soggetti donatari, che si considera cessione a titolo gratuito di articoli e di accessori di abbigliamento usati, e dunque l’azione si fa rientrare nella fattispecie della donazione. In questo caso, pertanto, si esula dalla normativa sui rifiuti.

Resta sottinteso, invece, che gli indumenti usati depositati e poi prelevati dai cassonetti per la raccolta stradale, o gli indumenti che vengono lasciati nei sacchi presso gli androni delle abitazioni per la raccolta domiciliare, rappresentano dei veri e propri rifiuti e come tali devono essere trasportati e recuperati.

Ed infatti il comma 2 dello stesso art. 14, a sua volta, prevede che: “I beni che non sono destinati a donazione in conformità a quanto previsto al comma 1 o che non sono ritenuti idonei ad un successivo utilizzo, sono gestiti in conformità alla normativa sui rifiuti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. In questo caso, generalmente, gli indumenti ed accessori usati provenienti dal territorio nazionale, arrivano direttamente dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani (cassonetto stradale o analogo sistema di raccolta differenziata), per tramite di aziende di trasporto che devono essere iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientale nell’apposita categoria. ( fonte: sito dei Carabinieri)

Sintetizziamo: se si tratta di donazione gli indumenti vanno portati nelle sedi delle associazioni, altrimenti se abbandonati anche nei sacchi vicino alle abitazioni, sono veri e propri rifiuti.

Non lo diciamo noi, lo dicono i Carabinieri.
Il dubbio c’è visto che non si capisce chi ritira e che fine fanno gli indumenti, mentre se si portano alla Caritas o ad altra associazione si sa che vengono ceduti a titolo gratuito a bisognosi.
Caritas Ambrosiana aveva precisato in un caso specifico: “non prendiamo i primi che capitano. Abbiamo sempre avuto rapporti con aziende certificate, chi opera in questo settore deve essere autorizzato dagli enti pubblici e deve avere il certificato antimafia”.
A dimostrazione della trasparenza che ci dovrebbe essere.
C’è poi il caso degli abiti lasciati nei cassonetti e questi non possono essere asportati da chiunque. Si rischia una incriminazione per furto.

La Cassazione sottolinea proprio questo aspetto e dice: «l’appropriazione degli abiti trafugati dal cassonetto», è «furto aggravato» poiché riguarda «cose esposte alla pubblica fede e destinate a pubblica utilità».

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