Grafologia: intervista di a Indelicato

Criseo: Caro Indelicato, siccome so che sei perito grafologo, vorrei chiederti un’opinione sul processo Binda, conclusosi con l’assoluzione dell’imputato.
Indelicato: Sono qui, chiedi pure. Ma magari fammi delle domande più specifiche.
C: Eccoti servito. Il processo di primo grado, quello conclusosi con la condanna all’ergastolo del Binda, si è basato in gran parte sulle perizie della famosa lettera anonima inviata alla famiglia Macchi, che si poteva intendere come un’auto-accusa. Il processo d’Appello non ha minimamente tenuto conto di queste perizie e si è concluso, in brevissimo tempo, con l’ assoluzione dell’imputato.
I: Forse ho capito dove vuoi andare a parare. Il primo processo ha visto confrontarsi due professioniste di altissimo livello, nonché entrambe mie care amiche: Susanna Contessini per l’accusa e Cinzia Altieri per la difesa. Evidentemente la Corte d’Assise varesina ha ritenuto più solide le argomentazioni della prima.
C: Amiche, hai detto? Ciò ti ha permesso di avere qualche notizia in più rispetto a chi ha seguito la vicenda sui media?
I: Nel suo lavoro il perito è tenuto al più stretto segreto. Ed entrambe le consulenti sono persone troppo serie per violare questo principio di riservatezza. E infine io non mi sarei mai permesso di chiedere loro qualcosa.
C: Torniamo al punto che più mi ha colpito. La lettera ai familiari della povera ragazza uccisa è stata l’elemento su cui si è basato, o almeno si è basato in buona parte, il primo grado. In Appello invece la questione è stata tranquillamente messa da parte.

I: Tra il primo grado e l’Appello mi pare siano intervenuti altri fatti, altre testimonianze, che nel primo processo non c’erano.

C: Non puoi cavartela così.

I: Nessun problema: è una circostanza che ha colpito anche me, e non solo me.
C: Dimmi se ti devo estrarre le parole di bocca con le pinze.
I: Credo che abbia colpito tutto l’ ambiente di noi grafologi forensi.
C: Diciamolo più chiaramente. In buona sostanza il giudice di secondo grado ha detto: le perizie grafiche, o grafologiche come le chiami tu, non servono a niente.
I: Può essere che il pubblico abbia potuto interpretare le cose in questo modo. In ogni caso, sono d’accordo con te che non è stato un momento felice per la disciplina e la categoria.
C: E allora sentiamo finalmente il tuo parere, sul punto.
I: Ci sono generi di perizie più sicure di quella grafologica. Come dice Susanna Contessini, la perizia grafologica non è come quella chimica, dove lo zolfo o c’è o non c’è . È anche vero che ogni tipo di analisi approda a dei dati che poi devono essere interpretati, e qui sta il problema.
C: Vuoi dire che il vostro è un lavoro del tutto soggettivo?
I: Assolutamente no. La grafologia è una disciplina seria, ma nell’atto dello scrivere giocano tanti fattori che possono confondere le acque. Inoltre nessuna scrittura è perfettamente uguale a se stessa: c’è sempre una variabilità interna, che in alcune grafie è maggiore che in altre.
C: Vieni al dunque: come fate a capire se un testo o una firma sono autentici o no?
I: Per nostra fortuna esistono alcuni segni grafici detti coattivi, che molto difficilmente possono essere imitati, oppure dissimulati se fanno parte della propria grafia. Se sei fortunato ne compaiono alcuni che possono essere considerati specie di “marchi di fabbrica”. E poi c’è l’esperienza, e poi l’essere onesti con se stessi e con gli altri, giudici pm o avvocati che siano. Questo è il prerequisito di tutto, perfino di ogni competenza tecnica.

C: Per finire: Binda è colpevole, come stabilito in primo grado, o innocente, come ha stabilito la Corte d’Assise d’Appello di Milano?

I: Per carità. Non ho seguito il caso, diversamente da alcuni miei colleghi che, comprensibilmente attirati dalla mediaticità del processo, hanno cercato di farsi un’idea. Spero per lui che sia innocente. In ogni caso solo Dio sa la verità. Gli altri, tutt’al più, la verità processuale.

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