Busto Arsizio – Quartiere Sant’€™Anna, supercondominio o stufa?

Le case del Quartiere Sant’Anna

Un quartiere amministrato come se fosse un supercondominio, almeno per quanto riguarda gli 840mila euro che costa scaldarlo e si vota per comprare una caldaia di qualche decina di migliaia di euro.

Centrale Termica

Quando sul finire degli anni 50 e i primi anni 60 se ne iniziò la pianificazione, il così detto ‘€œVillaggio Sant’€™Anna’€ era destinato ad essere uno dei 13 quartieri di Busto Arsizio. Venne pensato come la risposta ‘€œarchitettonica’€ ad una edilizia popolare imperante, fatta di squallidi palazzacci  che fecero delle periferie italiane un concentrato di degrado abitativo, di cui oggi ancora si pagano le conseguenze. L’€™esigenza di allora era di costruire tanto e il più velocemente possibile per far fronte alla richiesta abitativa del boom economico. Ma Sant’€™Anna doveva essere qualcosa di diverso, almeno nelle intenzioni dell’€™architetto bustocco di punta di quegli anni Enrico Castiglioni,  ‘€œRichino’€ per gli amici, con la sua visione che anche l’€™urbanistica dovesse essere  fonte di progresso sociale e civile. Le cose poi andarono, come ben sappiamo, in modo diverso e interi quartieri popolari divennero più che luoghi di sviluppo sociale, di degrado. Tra i tanti fallimenti urbani italiani, più conosciuti come speculazione edilizia, che arricchirono molto e molti imprenditori, politici, amministratori, mafiosi e quant’€™altro, Sant’€™Anna, alla fine si è un po’€™ salvata. Passati gli anni bui in cui era spesso citata come uno dei luoghi malfamati di Busto Arsizio, è oggi un quartiere, tutto sommato, abbastanza tranquillo, feste latino-americane a parte che spesso tanto agitano il sonno dei residenti, già  provati da un altro grande problema: il teleriscaldamento. Si perchè Sant’€™Anna è all’€™avanguardia tra i quartieri bustocchi usufruendo del teleriscaldamento  dai lontani anni 60, già  con riscaldamento a pavimento, a serpentina e centrale termica esterna alla quale si sono via via aggiunti gli altri lotti che venivano terminati, tanto che oggi sono circa 30 i condomini allacciati al teleriscaldamento. Nel frattempo la gente ha riscattato le case costruite da InaCase diventandone proprietari, alcune sono ancora di Aler. Nel 1996, una legge regionale trasformò gli IACP (Istituto Autonomo Case Popolari) della Lombardia in Aziende lombarde per l’edilizia residenziale (Aler), qualificati come enti pubblici di natura economica, con il compito di gestire il patrimonio edilizio secondo un criterio misto, non esclusivamente di tipo pubblico-assistenziale. Tralasciando per ora il fatto che in alcuni appartamenti in pieno inverno si devono lasciare aperte le finestre per il troppo caldo, affare non da poco visto che si strombazza ai quattro venti il risparmio energetico e l’€™inquinamento e quindi, oltre al danno di pagare spese assurde per riscaldarsi c’€™è anche la beffa delle finestre aperte, qual è il vero problema madre di tutte le guerre? C’€™è un quartiere del quale fanno parte trenta condomini e una centrale termica unica di teleriscaldamento alla quale sono collegati i trenta condomini ma chi è il proprietario della centrale termica? Questo è il nocciolo della questione. E come si è formato un supercondominio che prima non esisteva e nessuno, a quanto pare ha nei propri rogiti. Nel 2012 la nuova legge sui condomini prende atto dell’€™esistenza, dovuta all’€™evoluzione in materia abitativa, del così detto supercondominio, per farla breve più edifici che hanno in comune determinati servizi, garage, viale d’€™accesso, parco interno ecc. e qui qualcuno pensa bene di riempire l’€™Italia di supercondomini,  una vera crociata a favore di servizi in comune, maggiore efficienza amministrativa, riduzione delle spese ecc. Molti sono veri supercondomini in altri casi si assiste, con il consenso di tutti  e per tutti intendo proprio tutti, lasciando all’€™immaginario collettivo l’€™elenco delle figure coinvolte alla ‘€œcondominializzazione’€ di interi quartieri e non sta a me spiegare gli innegabili vantaggi per alcuni, pubblica amministrazione compresa. In realtà  legislatori e Cassazione tendono a favorire la gestione di beni di proprietà  comune più sotto la forma del supercondominio che con quella della comunione come spesso si faceva in passato, le ragioni sono molteplici, tra cui una gestione più semplice del bene anche per quanto riguarda maggioranze e decisioni assembleari.  Su tutti regna poi sovrano il tanto bistrattato articolo 1117 c.c. riguardanti le parti comuni  dell’€™edificio che ciascuno se lo gira come vuole, quando poi si tratta di parti comuni tra gli edifici  si arriva addirittura ad interpretazioni e a sentenze a dir poco fantasiose,  quasi che la cosa principale sia non già  la tutela della proprietà  esclusiva e i diritto all’€™abitazione, ma quella delle parti comuni fonte di problemi  per amministratori e giudici, chiamati in causa dai numerosissimi contenziosi in materia condominiale giacenti nei tribunali di tutta Italia. Vuoi  che Sant’€™Anna se ne stia fuori. I santi, si sa, fanno i miracoli. La centrale di teleriscaldamento, la rete, a quanto pare perfino le serpentine dei singoli appartamenti, diventano un supercondominio. Come sia stato costituito, quali siano le quote di proprietà  dei singoli condomini, con quale atto sia stato ceduto dagli evidenti precedenti primi proprietari IACP e oggi Aler, quale codice fiscale venga usato e se un regolamento di condominio  sia superiore ad un diritto di proprietà  è oggi materia del contendere ed il quartiere è spaccato in due, tra quelli che credono che sia un supercondominio e quelli che sostengono che sia tutta una bufala. Mercoledì  18 settembre all’€™assemblea del, per alcuni, ‘€œsedicente supercondominio’€ si deliberava per cambiare una delle caldaie. Una spesuccia di qualche decina di migliaia di euro che va a carico dei ‘€œsupercondomini’€ che deliberano, se ho capito bene, non in base a tabelle millesimali di proprietà  ma in base ad una tabella  basata sui metri quadri di proprietà  che serve per calcolare le spese di riscaldamento pro capite. Tralasciando quanto stabilito su come una tabella simile possa essere equa nella distribuzione dei costi di riscaldamento alla luce delle nuove normative, mica si è proprietari dell’€™auto in base ai consumi dichiarati, per cui sarebbe interessante  vedere il libretto di circolazione di questo supercondominio. Lo spadaccino Zorro, in questa puntata, sta difendendo i diritti del popolo o è schierato dall’€™altra parte, non è dato saperlo. Lascia perplesso il fatto che, in questa storia di reti e di supercondomini  la Parrocchia  si è tolta per tempo dal teleriscaldamento cui era allacciata, mentre  il Comune paga regolarmente il riscaldamento del Centro Sociale e dell’Asilo Nido. Chiesa e Stato, dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare le spese o ci si ricava anche qualcosa? Come nella favola dell’€™imperatore senza vestiti addosso, appropriata, visto che si parla di riscaldarsi, dove fu un bambino a dire che il re era nudo, sta a vedere che anche qua un pensionato e un  giornalaio, insomma alcuni tra i più normali abitanti del quartiere, magari vedono la realtà  meglio di tanti altri.

àˆ la natura della rete di distribuzione del calore, e non quella delle fonti di calore, che costituisce l’€™elemento discriminante affinchè un sistema possa essere considerato teleriscaldamento o semplice produzione centralizzata di calore: non rientrano nella definizione di rete di teleriscaldamento una rete interna di stabilimento industriale (anche se destinata al trasporto di calore parzialmente o totalmente destinato alla climatizzazione degli edifici), una rete interna ad un complesso terziario-commerciale, nè, tantomeno, una rete interna a un complesso edilizio privato (supercondominio).

A quanto pare invece una centrale di teleriscaldamento, l’€™edificio che la contiene, tubi e connessioni varie che passano sotto strade comunali e che non ha nessuna pertinenza con i trenta condomini, sono un supercondominio? Coerentemente con quanto affermato nel paragrafo precedente, nel caso di Sant’€™Anna ci troveremmo allora di fronte non ad una rete di teleriscaldamento ma ad una semplice produzione centralizzata di calore! Se si stabilisse quindi l’€™inesistenza di una rete di teleriscaldamento, a Busto Arsizio potrebbe essere stata inventata la ‘€œstufa di quartiere’€ che, visti  i costi di gestione del teleriscaldamento, risolverebbe senz’€™altro i problemi energetici del futuro. Allora la domanda da porre è questa : ‘€œPuò una stufa di quartiere essere un supercondominio?’€ Come già  chiesto a chi di dovere, proprio mercoledì, prima dell’€™assemblea supercondominiale, restiamo in attesa di congrua risposta in merito.

Ingresso all’Assemblea del “Supercondominio”

Gianni Armiraglio – Vice Presidente Casadeglitaliani

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