Cairate, tra storia e radici millenarie, Manigunda, epoca preromana, popolazioni celtiche

Bello poter leggere le indicazioni e i cenni storici che raccontano le antiche gesta di un paese, anche oggi, nella home del sito internet istituzionale, nonostante la frenesia delle innovazioni tecnologiche, valorizzando storia, tradizioni e cultura locale, a beneficio di tutta la comunità  e delle persone che invece si avvicinano al territorio con uno sguardo anche da lontano.

Le epigrafi cittadine rinvenute indicano che il luogo era abitato già  in epoca preromana da popolazioni celtiche.

La fondazione di Cairate risalirebbe al III sec. a.c.; il villaggio era forse caratterizzato da una parte fortificata, adiacente ad una strada importante, forse la famosa Como-Novara.

La presenza romana è confermata anche dalle tracce della “centuriazione”.
I Romani introdussero la coltivazione dei cereali in pianura e della vite sui terrazzamenti; l’allevamento dei suini era facilitato dalle ghiande delle querce.

Gli alberi crescevano spontanei sulle colline e venivano utilizzati come legname per la costruzione di case, per la fabbricazione di suppellettili, come combustibile domestico e artigianale nelle fornaci con la conseguenza di un progressivo ed eccessivo disboscamento.

Opimii, Coelii, Plinii e Albucii erano le famiglie citate nelle iscrizioni ritrovate e ancora visibili in loco e nel museo di Gallarate.

L’importanza strategica di Cairate venne confermata dai Longobardi, che si insediarono a Peveranza e nell’area dove poi sorse il monastero, come è stato confemato da scavi archeologici realizzati sotto la guida del dott. Brogiolo nel 1981.

Tali stanziamenti servivano a controllare le vie che da Sud e da Ovest confluivano a Castelseprio, capoluogo del “contado” del Seprio.

Il Monastero benedettino di Santa Maria Assunta sarebbe stato fondato nel 737 da Manigunda, nobile longobarda legata alla corte regia di Pavia, per sciogliere il voto in seguito a una guarigione.

Per circa un millennio il Monastero, che possedeva i 2/3 del territorio cairatese e i 4 mulini, è stato il centro economico e sociale di Cairate.
La vita claustrale diventò una regola solo dopo la Controriforma; non devono meravigliare perciò le conseguenze della vicinanza con lo “xenodochio” dove trovano ospitalità  viandanti e pellegrini.

La tradizione vuole che il “Barbarossa”, la notte prima della battaglia di Legnano, abbia fatto sostare il suo esercito nella piana di Cairate e lui sia stato ospitato nella foresteria.

Questa fu l’occasione in cui le monache si sdebitarono per il “privilegio” avuto nel 1158. Inevitabile, dopo Legnano, l’aumentata influenza di Milano, dapprima con i Torriani e poi con i Visconti, dopo la distribuzione di Castelseprio nel 1287.
La nuova sistuazione è documentata anche nel monastero con la presenza di stemmi viscontei dipinti e scolpiti, abbinati a quelli della famiglia Cairati (qui presente con un ramo secondario, perchè quello principale si era trasferito a Milano dove vari componenti hanno svolto l’attività  notarile).

In paese vi era poi una residenza dei Visconti, conosciuta come “il castello” (tra le attuali Vie Dante e XX Settembre), abitata in seguito dal feudatario. Dopo i Visconti anche gli Sforza concedono privilegi al Monastero come quello di annettersi S. Pancrazio a Villadosia (VA); un ricordo dell’avvenimento si ha nell’affresco dell’abside settentrionale, dove appunto è raffiugrato il Santo titolare del piccolo monastero accorpato nel 1481.

Durante i lavori di adeguamento dell’edificio alle norme emanate in seguito al Concilio di Trento, la chiesa monastica assume un nuovo aspetto architettonico e viene decorata con affreschi di Aurelio Luini.

E’ in questa occasione che viene trovato, secondo Tristano Calco, un sarcofago, ancora visibile oggi, contenente le spoglie di una donna “riccamente abbigliata”, che viene creduta Manigunda, la fondatrice.

In epoca spagnola anche Cairate viene “infeudata”, ad esclusione del Monastero: siamo nel 1654 e il feudatario è Giacomo Legnani fino al 1667; due anno dopo il feudo viene riacquistato da Alfonso Turconi al quale succede il figlio nel 1701.

Con gli Austriaci il destino degli enti monastici è segnato: il nostro sopravvive fino al 1799 per aver dimostrato di essere utile alla società  come scuola. Ma ciò non impedisce a Napoleone di decretarne la soppressione con la conseguente vendita all’asta dei beni. L’edificio viene diviso fra quattro nuovi proprietari che adattano i locali ai loro bisogni. Finalmente, nel 1975 la parte orientale del chiostro viene acquistata dall’Ente Comunale mentre la parte occidentale solo pochi anni fà  è diventata proprietà  pubblica.
BOLLADELLO
L’abitato si formò in epoca romana sulla via che collegava Gallarate a Castelseprio, ma ritrovamenti recenti ne farebbero anticipare l’origine.

La maggior ricchezza della zona era costituita dall’abbondante presenza dell’argilla, che veniva lavorata in loco.

Una leggenda narra che la regina Teodolinda avesse donato dei beni ai poveri – una conferma potrebbe essere il toponimo “allodola” – Allodio.
Nel medioevo le 3 chiese erano all’esterno del nucleo abitato e di esse ne sopravvivono 2: S. Ambrogio, parrocchiale; S. Calimero che si trova in una posizione panoramica. Tra gli edifici civili da ricordare, un probabile convento degli Umiliati e 2 case nobiliari con torre.
PEVERANZA
E’ molto probabile che sia stata fondata da Longobardi collegati alla famiglia arimannica di Cairate per controllare il guado sul Tenore della strada Gallarate-Castelseprio;
La località  è citata per la prima volta in un documento del 721.

Nel medioevo il piccolo villaggio formava un castello grazie alla particolare disposizione delle case.

La chiesa di Santa Maria Assunta originariamente risultava all’esterno del villaggio; nel 1872 fu ampliata con materiale recuperato a Castelseprio e nel 1932 venne aggiunto il pronao. Secondo la tradizione, l’edificio di fronte alla chiesa sarebbe stato un convento; sulla facciata sino a pochi anni fa erano ancora visibili i segni di un orologio meccanico.

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