Cinghiali infetti, è allarme trichinosi

dopo 30 anni rispunta in alcune aree geografiche italiane la malattia trasmissibile anche all’uomo. Lo Sportello dei Diritti raccomanda a tutti i consumatori di acquistare carni e salumi di provenienza certificata e con i dovuti controlli sanitari

Nelle ultime settimane diversi casi di trinchinosi sono stati riscontrati sui cinghiali abbattuti in Lazio, Molise e alcuni giorni fa in Sardegna in territorio di Oliena. Questi casi devono sicuramente generare consapevolezza nei cacciatori e nei consumatori di carne proveniente dai cinghiali e comprendere l’€™importanza dei controlli e della prevenzione. Pertanto, vista la rapida diffusione in diverse regioni italiane, è necessario che tutti i cinghiali abbattuti vengano sottoposti ad analisi, ponendo la massima attenzione nella fase di eviscerazione e prelievo dei campioni da analizzare. A rilevare la spiacevole notizia gli Istituti zooprofilattici di Lazio, Molise, Sardegna e Toscana a seguito dei prelievi dei veterinari delle Asl dei comprensori citati. Una prassi virtuosa che consente di avere il polso della situazione territoriale e di prevenire eventuali pandemie. Il rischio è che può accadere che la selvaggina catturata può essere consumata al livello domestico oppure venduta a ristoranti e macellerie per la preparazione di pietanze tipiche locali. La Trichinellosi è una zoonosi parassitaria del genere Trichinella. Presente in tutti i continenti tranne che nell’€™Antartico, è stata segnalata in più di 100 specie di mammiferi, 13 specie di uccelli, 3 specie di rettili e colpisce oltre 2.500 persone all’€™anno. L’infezione, come noto, può essere trasmessa sia ad altri esemplari che all’uomo il quale, poco dopo l’ingerimento del pezzo di carne contaminata, sviluppa sintomi quali diarrea, febbre, cefalea e malessere. Il periodo invernale rappresenta il momento di maggior rischio di infezione per l’€™uomo poichè in questa stagione, tradizionalmente, molte famiglie macellano il maiale per preparare prosciutti, salsicce, guanciali, pancetta e altri derivati. Per rendere innocua la carne infetta, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello ‘€œSportello dei Diritti‘€ è necessaria la cottura a temperature superiori ai 70 °: particolare che espone a seri rischi salsicce e affettati.  

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