Ogni assoluzione è già un errore giudiziario

I casi eclatanti sono quelli che fanno più rumore e sensazione e, pertanto, non è probabilmente corretto prenderli ad esempio o come termine di paragone, ma forse servono a rendere meglio l’idea.

Enzo Tortora, dopo un periodo tra carcere e domiciliari, ed una condanna a dieci anni in primo grado a dieci anni, veniva assolto con formula piena ed i pentiti che lo accusarono, vennero rinviati a giudizio per calunnia. Pietro Pacciani, condannato in primo grado per essere il mostro di Firenze, è stato assolto in appello. E’ morto prima del giudizio di legittimità in Cassazione: innocente davanti alla legge italiana per il principio di cui all’art. 27 comma 2 della Costituzione; «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva».

Alla lista si aggiungono i nomi famosi di Roberto Vecchioni e Franco Califano, accusato dallo stesso pentito di Tortora. Meno noto ai più, ma sicuramente agghiacciante, il caso di Angelo Massaro, un uomo che ha trascorso in carcere ventuno anni (21!!!) da innocente per un omicidio mai commesso. Possiamo continuare con altri casi eclatanti e ricordare come Amanda Knox e Raffaele Sollecito siano stati assolti dopo otto anni dall’omicidio Kercher “per non aver commesso il fatto.” Qualcuno conosce i giorni di detenzione sofferti dai due? Quanti sono i casi di imputati rinviati a giudizio e poi assolti in secondo grado o Cassazione, non è dato saperlo con certezza. Di sicuro molti non trovano eco sulla stampa. Ma allo stesso modo quanti imputati assolti in primo grado vengono immediatamente messi nel dimenticatoio della memoria? IN tutti i casi, possiamo chiamarli errori giudiziari.

Non sono solo imputati condannati in primo grado, e poi assolti, le vittime di un errore giudiziario, ma anche coloro che vengono assolti in primo grado, o prosciolti prima del dibattimento. Si tratta di errori giudiziari anche in questi casi.

Che cosa vuol dire oggi subire un processo? Dobbiamo prescindere dagli aspetti personali: la vergogna, l’imbarazzo, le ripercussioni in famiglia e tutti gli aspetti della vita quotidiana che possono derivarne. Lasciamoli al singolo; sono situazioni troppo soggettive per poterle comprendere.

Ogni processo ha un costo che inizia dalla fase delle indagini; costo in termini economici, di attività di un Procuratore della Repubblica, delle forze dell’ordine, di eventuali periti e consulenti. Purtroppo l’obbligatorietà dell’azione penale è un dato dal quale, adesso, non possiamo prescindere. Starebbe ad un legislatore illuminato e lungimirante rivederlo sulla base di valutazioni oggettive e non sugli umori della piazza o della rete. E depenalizzare non è, forse, lo strumento migliore.

Per chi viene accusato, i costi sono quelli di un avvocato, che potrebbero essere però a carico dello Stato, come avviene nei casi di ammissione al gratuito patrocinio (e non sono pochi), che popolano i nostri Tribunali. In caso di imputato ammesso al gratuito patrocinio e successivamente assolto, il costo per lo Stato può essere enorme, specialmente se venissero chiesti risarcimenti o indennizzi.

Però per il momento il costo grava sull’indagato, che sia ancora libero o, magari, arrestato in fase di indagini. In questa situazione è suo diritto ottenere copia di tutti gli atti nei suoi confronti; ovviamente pagando le marche da bollo. La cronaca, pochi giorni fa, ci ha fatto sapere che il costo per la richiesta delle copie del fascicolo “Rinascita Scott”, che ha portato arresto di oltre trecento persone, è di trentanovemila euro. Disporre di tutte quelle pagine è, oltre che diritto dell’indagato (non ancora imputato e non certo colpevole), indispensabile ad un legale per predisporre la difesa. E’ anche questo, ovviamente, un caso estremo, ma non è raro affrontare costi elevati per fotocopie di interrogatori, intercettazioni, atti di indagine e così via.

Si tratta di atti necessari per verificare la fondatezza delle accuse, se siano stati errori che potrebbero portare alla condanna di un innocente. Servono anche ai tribunali per giudicare, non solo agli imputati e ai loro avvocati per garantire quell’esercizio sacrosanto alla difesa previsto nella nostra Costituzione, all’articolo 24, ed anche all’articolo 10 dove, tra i princìpi fondamentali della Repubblica, si è stabilito che l’Italia si debba conformare alle fondamenta del diritto internazionale. Tra le garanzie riconosciute da quest’ultimo, in tutte le democrazie, vi è il diritto alla difesa. Quella difesa che oggi, peraltro, sembra voler essere negata da alcune voci nella magistratura, che vorrebbero l’abolizione del secondo grado di giudizio, evidentemente reputandosi infallibile nelle loro decisioni. Giungono addirittura ad invocare la responsabilità degli avvocati che promuovono appelli infondati chiedendo a loro il pagamento di sanzioni. Una deriva francamente pericolosa e una presa di posizione anche politica che lascia spazi a forti dubbi sulla reale terzietà di alcuni giudici nel loro agire.

La Giustizia deve essere riformata, e su questo si ritiene non sussistano molti dubbi, ma farlo non può passare da limitazioni ai diritti della difesa ovvero mediante strumenti, quali la nuova aberrante disciplina sulla prescrizione. La riforma della Giustizia non deve muovere da umori di piazza o politici del momento, tantomeno da esigenze ad personam. “Io dico che bisogna stare attenti a non confondere la politica con la giustizia penale. In questo modo, l’Italia, pretesaculla del diritto, rischia di diventarne la tomba”. Non sono parole di chi scrive, ma di Giovanni Falcone.

Gianni Dell’Aiuto

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