Brutta roba vivere in un paese di tuttologi ignoranti

Il murales apparso a Roma

A Roma, in via Principe Amedeo,all’ingresso del mercato coperto di Piazza Vittorio, è comparso un murales contro l’ignoranza ed è un’opera della street artist Laika che ritrae Sonia un nota ristoratrice cinese/romana con accanto una vignetta con scritto “c’è in giro una epidemia di ignoranza. Dobbiamo proteggerci”.

L’ignoranze e il bombardamento di bufale hanno diffuso una ridicola psicosi che sta mettendo in difficoltà le attività della comunità cinese che si trova a fare i conti con un impressionante calo del fatturato.

È proprio una gran brutta roba vivere in un paese colpito da una pericolosissima epidemia (quella dell’ignoranza) da cui dovremmo proteggerci con estrema urgenza prima di estinguerci.

La casta dei politicanti che controllano il paese si è formata guardando il “Vanna Marchi show” e ha metabolizzato velocemente le due leggi fondamentali che regolano la comunicazione politica in Italia:

A) “L’è pusè facil meteghel in del cù che in del co”

B) “Gli italiani vogliono la merda e bisogna fornirgliela in maniera industriale”

La prima è una vecchia massima milanese mentre la seconda è una intuizione di Fabrizio Corona esplicitata in prima serata in una trasmissione di Giletti.

Se poi ci ricordiamo della pubblicità della Ramazzotti negli anni ottanta sulla “Milano da bere” che poi si è evoluta nell’Italia da mangiarsi e che è poi diventata il mantra dei nuovi politicanti d’assalto, il panorama comincia a schiarirsi.

Ma la vera svolta è stata nel cambio tra la prima e la seconda repubblica quando le tangenti sono state sostituite dalle “consulenze” o da nomine ad incarichi improbabili che in questo ultimo quarto di secolo si sono moltiplicati all’infinito.

In quest’ultimo quarto di secolo gli italiani hanno metabolizzato tutte queste novità e sono stati anestetizzati dalle supercazzole urlate da ogni dove da politicanti e azzeccagarbugli impegnatissimi a distogliere l’attenzione dal sacco del paese in corso d’opera .

Il popolo italiota, aiutato e spinto dalla “rete”, si è abituato ad un nuova dieta, che sembra essere molto appetitosa e gradita, a base di bufale fornite in tutte le salse e con tutti gli strumenti disponibili.

Verità e buon senso purtroppo non abitano più qui, si sono trasferiti altrove, nell’isola che non c’è.

Le notizie, sia per la rete che per i canali tradizionali non sono più legate alla verità e alla conoscenza, ma alle supercazzole urlate da politici in perenne campagna elettorale o da opinionisti bisognosi di un minimo di visibilità per guadagnarsi la pagnotta quotidiana.

Quest’insieme di fattori si è rivelato terreno di coltura particolarmente favorevole alla nascita di questo pericolosissimo virus, che se non verrà debellato potrebbe portarci al disastro e che è l’ignoranza.

Quello dell’ignoranza (mancanza di conoscenza) è un pericolosissimo virus che invece di manifestarsi in un consapevole silenzio, sviluppa la tendenza a straparlare in video o “strapostare” sui social diffondendo bufale di ogni qualità e dimensione per soddisfare l’appetito crescente delle nostre genti.

“Io speriamo che me la cavo” era il titolo di un libro di Marcello D’orta e di un celebre film di Lina Wertmuller, ma oggi è una realtà quotidiana in un paese in cui l’analfabetismo funzionale (incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni) ha toccato livelli inimmaginabili.

Fabrizio Sbardella

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