Mirko De Carli : uno di noi

#DomenicaNoWork: l’occasione e la sfida di ridarci la domenica


Domenica: ex family dayQuelle aperture festive straordinarie che dovevano fare tanto bene all’economia invece hanno rovinato l’ebit dei retailers e rubato il tempo libero di tutti, grazie al sacrificio di pochi.

Le aperture domenicali sono il più grave attacco alla famiglia e alla libertà personale del nostro tempo. Un popolo che accetta questo come normale ha accettato di relegare Dio al ruolo di superfluo. Tradotto per chi non è credente, si traduce nel trasformare lo straordinario in ordinario. Una deriva culturale senza ritorno, che appiattisce il tempo e svuota di significato la parola riposo.

La maggior parte di noi ha vissuto le aperture domenicali come una grande comodità, senza renderci conto che ha significato ridurre in schiavitù circa un milione di persone, che per colpa delle liberalizzazioni ora lavorano 360 giorni su 365. Alle aziende questa cosa sta costando moltissimo perché il giorno in più aggiunge costi fissi, che abbattono la marginalità. Il lavoro degli addetti vendite (comunemente chiamati commessi) è solitamente privo di tutele. Per sostenere i costi fissi molte aziende hanno tolto la maggiorazione dei festivi, i lavoratori non hanno un sindacato di riferimento, hanno la più alta percentuale di precariato, non possono fare neanche una domenica a casa con le proprie famiglie e solo raramente possono avere più di 7 giorni consecutivi di ferie. La percentuale più bassa di maternità è nel mondo del commercio! In fondo anche coloro i quali beneficiano di questa comodità, sono a loro volta vittime di questo sistema, finendo le proprie domeniche al centro commerciale, anziché in gita con la famiglia o a fare sport, oppure a trovare vecchi amici. Non ci rendiamo conto del costo umano di questa finta comodità di poter fare di domenica ciò che potremmo serenamente fare di sabato.

Come se non bastasse, la scarsa mobilità sociale che connota il mercato del lavoro del nostro paese, ha portato via via all’isolamento professionale degli addetti del commercio, i quali sono stati svuotati di dignità professionale e gli è impedito ogni tentativo di carriera al di fuori dei punti vendita. Una vergogna tutta italiana, che non trova eguali in nessun altro paese europeo. Eppure, se i recruiter fossero degni di portare questo nome, saprebbero quanto è professionalizzante il lavoro con il pubblico. Precisione, puntualità, cortesia, ordine, pulizia, rispetto dei ruoli, abilità negoziali, gestione dello stress e dei carichi di lavoro, dinamiche di team, solo per citare alcune delle skills fondamentali che si sviluppano nel lavoro con il pubblico. Spesso le aziende investono molto denaro per sviluppare queste attitudini nello staff impiegatizio.

Santificare le feste dovrebbe essere un diritto per tutti. Eppure gli addetti del commercio, anziché santificare le feste, devono sentirsi spesso umiliati per il lavoro che fanno. “Dovreste ringraziare di avere un lavoro anziché lamentarvi” è una delle frasi che si sentono dire più spesso. “Gli ospedali restano pure aperti anche la domenica, che dramma sarà mai?” come se comprare un paio di scarpe avesse mai salvato la vita di qualcuno. Certo, potremmo fare un discorso a parte per bar, ristoranti, ospedali, forze dell’ordine e attività di intrattenimento o culturali. I bar coprono orari molto più lunghi e turnano molto meglio, comunque molti già chiudevano la domenica e continuerebbero volentieri a farlo. I ristoranti lavorano su 2 turni, il pomeriggio sono a casa e hanno sempre almeno 1 o 2 giorni di chiusura settimanale, ma anche loro turnano molto meglio perché sono più staffati di un negozio. Il personale ospedaliero e le forze dell’ordine sono ben staffati e si turnano bene, così che nessun dipendente fa più del 10% dei festivi al lavoro e certamente con più tutele. Inoltre, parliamoci chiaro, salvare vite è più di un lavoro, è una vocazione, e non si può fare a intermittenza. L’intrattenimento e la cultura sono elementi fondamentali del turismo, un asset portante per il nostro paese. I turisti stranieri portano un indotto che supera i 10 miliardi di euro. Introiti sufficienti a garantire le coperture economiche per gestire turni e incentivi ai lavoratori di quelle città, che non possono permettersi di chiudere nei festivi, perché significherebbe fare un grave torto al mondo intero. Ricordiamoci però che i turisti non vengono a visitare i centri commerciali ma i centri storici. Tutte queste sono comunque situazioni che abbiamo sempre considerato straordinarie, per cultura. Ora con le liberalizzazioni abbiamo introdotto la cultura dell’ordinario, come se la festività non esistesse. Nel breve termine si ha l’impressione di far girare l’economia con gli acquisti domenicali, in realtà la ricchezza di un paese è la stabilità che consente la crescita demografica. Sono i figli che fanno girare davvero l’economia nel medio lungo termine. In questo momento l’Europa consente di fare figli ad una stretta minoranza di persone. Se trasformiamo i festivi in feriali ne pagheremo tutti le conseguenze. Oggi solo i commessi, domani tutti.

Infine, l’ideale sarebbe cercare di capire se aprire la domenica ha fondatezza in termini di business. È l’EBIT che fa crescere le aziende, non il fatturato. Le domeniche stanno distruggendo i margini dei retailers. Basta provare a far due conti per gioco usando i dati istat. In Italia c’è un bar ogni 600 abitanti, il 16,6% di questi abitanti è sotto la soglia di povertà, mentre il 45% ha perso il 36% di potere d’acquisto dal 2007 ad oggi, il 20% del totale ha più di 65 anni, tutto questo significa che potenzialmente solo 366 di questi abitanti avrà la possibilità di andare al bar, di questi circa 120 saranno vecchi e non usciranno dal bar per tutto il giorno. Significa che in giro per negozi ci saranno potenzialmente al massimo 244 persone. Il bar la domenica deve sperare di incassare almeno il 35% in più degli altri giorni, quindi dovrà avere uno scontrino medio di 3,7€. Quasi impossibile, ma mettiamo per assurdo che li incassi. Gli altri 244 che andranno per negozi avranno già speso quei 3,70€. Considerando che la spesa media giornaliera dell’individuo in Italia è di circa 30€, il suo budget giornaliero è già ridotto a 26,3€. Ora seguendo questo calcolo, per ogni bar, li attorno ci sono un tot di negozi che dovranno dividersi un potenziale incasso di 6400€. Se il centro commerciale è aperto, il 63% di questa spesa sarà fatto dentro il supermercato. Per le altre attività ne avanzano 2300€. Se hai la fortuna di avere attorno solo 5 negozi si spartiranno circa 475€ a testa di fatturato. Non siamo negli anni 90′ quando la domanda era enormemente superiore all’offerta. Considerando i costi fissi che aumentano, il giorno in più di apertura abbatte la marginalità in modo più che proporzionale, al punto tale che, anche se la domenica portasse davvero fatturati aggiuntivi, impatterebbe comunque negativamente. Tutto questo cambia nelle principali città d’arte italiane. Basti pensare che nelle prime 10 città arrivano circa 180 milioni di visitatori stranieri all’anno che portano circa 7,2 miliardi di euro di indotto aggiuntivo. Ma non vorremo mica mandarli a spenderli nei centri commerciali?

Articolo pubblicato in esclusiva su La Croce Quotidiano

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