UN VOTO PER RESTARE NOI STESSI

Domenica prossima voteremo per decidere quale Europa, e di conseguenza quale Italia, vogliamo per gli anni a venire.

Si deciderà degli spazi e dei limiti dell’influenza legislativa, finanziaria, economica, culturale, di Bruxelles e Strasburgo, e di conseguenza dei margini di esercizio della nostra sovranità.

È evidente che la scelta che faremo nella cabina elettorale dipenderà dal concetto di nazione che coltiviamo. Se riteniamo che essa meriti di essere dissolta in un’entità politica più vasta, capace di produrre le opportunità che la nazione di per sé non può assicurare, non ci rimane che scegliere fra i partiti dell’asse europeista. Se invece pensiamo che essa non sia un residuo ottocentesco, ma abbia ancora cose da dire e da insegnare in questo secolo fluido e multicentrico, sceglieremo tra le formazioni che davanti alla parola Europa tracciano il segno “meno”.

Noi siamo fra questi. Riteniamo che le grandi nazioni europee, ma anche le meno grandi, abbiano una storia e una cultura proprie e originali, e che ciò costituisca una ricchezza sia per le singole persone che vi si riconoscono, sia per l’intera compagine europea.

E crediamo che non avrebbe senso che a tali identità storico-culturali non corrispondesse una dignitosa autonomia decisionale, poiché diversamente parleremmo dell’autonomia parziale e condizionata del bimbetto trotterellante nel parco giochi.

Oggi l’Europa interviene pesantemente nelle politiche monetarie e commerciali, nella concorrenza, nei settori della pesca e dell’agricoltura, dell’ambiente, della politica sociale, dei trasporti, della cosiddetta protezione dei  consumatori. Non sembra, considerando sia gli indici economici che la comune percezione, che questo interventismo abbia prodotto nello Stivale grandi risultati. Non sembra, altresì, che il trattamento riservatoci sia stato equo e rispettoso della specificità della nostra produzione industriale e agricola. Per non parlare dell’autentico abbandono in cui siamo stati lasciati a sostenere l’immigrazione centroafricana e magrebina, al di là delle assicurazioni di future co-assunzioni di responsabilità, sempre reiterate, sempre disattese. Non solo: quando non legifera, l’UE svolge quella che chiameremmo una “unmoral suasion” ai fini della costruzione di un omogeneizzato pensiero unico che è quanto di più lontano dal sentire del nostro popolo: una mistura di immigrazionismo, ambientalismo, climatismo, animalismo, teoria gender, transessualismo, eutanasismo, insomma una nuova relativistica religione laicista che ha recentemente trovato la sua degna vestale nella petulante ragazzina che ha girovagato per il continente spargendo il nuovo verbo.

Come italiani e come cittadini di Saronno, crediamo che in questo momento il partito  in grado di opporsi più efficacemente a tutto questo sia la Lega. Non certo quella dei localismi esasperati che si inventa una Padania mai esistita, ma la lega salviniana che parla all’intera nazione. E quanto a chi mandare a Bruxelles, pensiamo al sindaco Dante Cattaneo: se c’è una persona capace di movimentare quella morta gora è lui, a giudicare dall’ intelligente attivismo messo in pratica nella sua Ceriano Laghetto. Dunque in Europa, Dante, tu che porti il nome che è la sintesi della nostra cultura, per difendere l’Italia.

Vittorio Vennari – Alfonso Indelicato  

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