«L’€™ex Ilva siamo anche noi » Pmi in allarme per l’€™acciaio di Taranto

«L’€™ex Ilva siamo anche noi »
Pmi in allarme per l’€™acciaio di Taranto

«L’€™ex Ilva siamo anche noi ». Davide Galli porta l’€™attenzione del territorio sul tema del gigante dell’€™acciaio di Taranto per ricordare che la distanza fisica non deve indurre in errore: «Quella crisi ci riguarda tutti » spiega il numero uno di Confartigianato Imprese Varese, «a causa delle ripercussioni che la mancata produzione interna potrebbe avere sulle piccole e medie imprese che operano nell’€™indotto dell’€™acciaio ».

Qualche cifra per capire la portata del problema: secondo un’€™analisi dell’€™Istat, i prodotti della metallurgia vengono utilizzati nel 33% dei casi dal settore stesso, nel 19,5% delle circostanze dalle imprese dei prodotti in metallo e nel 10,8% delle circostanze da quelle dei macchinari e apparecchiature. A queste ultime due categorie appartengono rispettivamente 1.960 e 1.268 aziende della provincia di Varese.

Ecco perchè quella di ArcelorMittal è una partita che coinvolge l’€™intero Paese, senza l’€™eccezione del nostro territorio. Tanto più dato che solo l’€™1,9% dell’€™export proviene da Taranto e, di conseguenza, è la domanda interna ad alimentare lo stabilimento del quale tutta l’€™Italia parla. Nell’€™assorbimento della materia prima, una quota parte significativa è riconducibile alle Pmi, oggi preoccupate all’€™idea che l’€™eventuale aumento del ricorso all’€™import possa far esplodere il costo delle lavorazioni, a discapito della concorrenza e della stessa sopravvivenza aziendale.

Da un’€™analisi nazionale di Confartigianato emerge, infatti, che una riduzione dell’€™offerta si scaricherebbe su una maggiore domanda di importazione che porterebbe in negativo il saldo commerciale: a settembre 2019 l’€™import degli ultimi dodici mesi ammonta a 18.819 milioni di euro, con un saldo export-import in sostanziale equilibrio (-41 milioni).

Dai primi dieci paesi importatori acquistiamo i due terzi (66,8%) dei prodotti siderurgici. Dalla Germania acquistiamo il 13,5% dell’€™import totale, dalla Francia il 9,5%, dall’€™Ucraina e dalla Federazione Russa il 7,2%, dalla Cina il 6,7%, dalla Turchia il 5,5%, dalla Spagna il 4,9% dall’€™India il 4,2%, dalla Corea del Sud il 4,1% e dall’€™Austria il 4,0%; da paesi Ue si rileva il 52,5% dell’€™import totale a fronte del 48,7% dai paesi extra Ue.

«L’€™aumento dei prezzi di acquisto delle materie prime ‘€“ argomenta ancora Galli, rinviando sempre ai dati nazionali di Confartigianato – risulterebbe poco sostenibile dalle imprese nel settore dei macchinari, nel quale i prezzi alla produzione sono in salita dell’€™1,3%, a fronte della deflazione (-0,1%) nel manifatturiero ».

Un incremento dei costi, inoltre, aggraverebbe le condizioni del ciclo negativo in cui stanno operando le imprese dei prodotti in metallo e dei macchinari che registrano un ristagno della domanda estera (-0,1% nei primi otto mesi del 2019) e un forte calo della produzione: nei primi nove mesi del 2019 l’€™indice della produzione è in discesa del 3,7% nei prodotti in metallo e del 2,3%% nei macchinari, cali più accentuati del -1,4% della media del manifatturiero.

Per tutte queste ragioni, a fonte di una debolezza economica certificata, affrontare l’€™emergenza ex Ilva ‘€“ dal punto di vista produttivo così come in chiave ambientale ‘€“ significa puntellare una quota non irrilevante della manifattura nazionale e della provincia di Varese.

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