IL CASO AIRITALY: UN SUICIDIO ASSISTITO NEL TRASPORTO AEREO ITALIANO


L’ambizioso progetto di Airitaly debutta nel mondo del trasporto aereo internazionale nel febbraio del 2018, all’interno di una serata di gala organizzata in mondovisione nel lussuoso hotel Gallia Excelsior di Milano da parte del CEO di Qatar Airways Akbar Al Baker che presenta assieme a Sultan Allana, amministratore del fondo AKFED (Aga Khan Fund for
Economic Development), la nuova partnership mediorientale con la vecchia Meridiana di proprietà di SAR Karim Aga Khan, presente sul mercato italiano da ben 57 anni.


Questa fusione venne raggiunta dopo l’attuazione di un piano “lacrime e sangue” imposto ai lavoratori del Gruppo Meridiana (che aveva precedentemente assorbito le compagnie charter Eurofly ed Air Italy) costato ben 600 licenziamenti, tutti appartenenti alla compagnia sarda basata ad Olbia ed una drastica riduzione del costo del lavoro ottenuta
con un accordo ad hoc firmato da tutti i sindacati per compiacere gli acquirenti qatarini.


Artefice istituzionale della trattativa è il premier italiano Matteo Renzi, assieme ai suoi ministri e collaboratori del PD, tra cui Graziano Del Rio, Giuliano Poletti, Carlo Calenda e Teresa Bellanova.
Il pacchetto azionario della nuova compagnia è detenuto da AQA Holding con sede a Milano a cui partecipano Alisarda SpA per il 51%, di proprietà del fondo AKFED e per il 49% da Qatar Airways, che non può avere una maggior quota azionaria per le leggi comunitarie europee, similmente a quanto già attuato per Alitalia da Ethiad, vettore emiratino di Abu Dhabi, diretto concorrente ed acerrimo nemico del Qatar.
Viene presentato un altisonante piano industriale imposto al partener italiano dalla dirigenza di Doha che prevede di arrivare entro il 2020 ad una flotta di 50 aeromobili (30 di lungo raggio B787 e 20 di corto raggio B737 Max di cui Airitaly è vettore di lancio in Italia)
con la previsione di portare più di 10 milioni di passeggeri e suddividere gli utili tra le migliaia di dipendenti che dovranno essere progressivamente assunti.


I qatarini, a parte il presidente italiano (inizialmente lo storico dirigente Meridiana Marco Rigotti, che lascia l’incarico per diventare vicepresidente di Airitaly rimanendo però chairman di Alisarda Spa e di AQA Holding, a cui subentra Francesco Violante e quindi solo recentemente il fiscalista milanese Roberto Spada), nominano tutto il board della new
company, guidato inizialmente dal Chief Operating Officer Neil Mills sudafricano, che però inspiegabilmente presenta subito le dimissioni, venendo sostituito, per volontà di Al Baker, dal bulgaro Rossen Dimitrov, un ex assistente di volo addetto inizialmente ai servizi
di bordo ed alla customer experience.
Stranamente, visto l’importanza della società, non viene mai nominato un CEO od un Amministratore Delegato a guidare il CDA.
La compagnia viene “teleguidata” da Doha che impone il proprio commerciale facendo chiudere progressivamente tutte le rotte in attivo e ad alto load factor della vecchia Meridiana, tra cui quelle della Continuità Territoriale della Sardegna oltre all’attività ben remunerata charter del mercato italiano di lungo raggio.
Per il rinnovo della flotta di lungo raggio vengono imposti al socio italiano dei leasing molto onerosi (e ben al di sopra delle condizioni di mercato) di aeromobili Airbus A330 vecchi di 18 anni, dismessi dal Qatar e giacenti al prato nell’aeroporto intercontinentale di Doha, perché i promessi e nuovissimi Boeing 787 annunciati non sono più disponibili.


Vengono acquistati 3 Boeing 737 Max per il corto raggio ma la loro introduzione in flotta viene bloccata già prima del tragico incidente che li mette a terra in tutto il mondo.
La conduzione della compagnia di Dimitrov è alquanto singolare ed incerta: vengono alienati i 4 Boeing 767 di proprietà di Meridiana usati per il lungo raggio e gli equipaggi italiani abilitati posti a 0 ore a Malpensa.
Vengono aperte senza le necessarie analisi di mercato alcune rotte di lungo raggio operate con i costosi A330 e chiuse solo dopo poche settimane (India, Thailandia).
A parte i voli per New York, Miami e Los Angeles (che suscitano l’ira dei vettori americani per concorrenza “sleale” da parte della controllata di QR Airways) e quelli africani per Lagos ed Accra, gli aerei viaggiano semi vuoti nelle altre destinazioni (San Francisco, Toronto).
Non c’è feederaggio da parte del corto raggio nazionale, nessuna alleanza con gruppi di vettori internazionali.


I piloti italiani e gli aeromobili di proprietà vengono tenuti a terra o fatti volare al minimo mentre si sceglie di far volare al loro posto alcune compagnie bulgare stipulando costosi contratti di wet leasing con Bulgarian e TayaranJet imprestando gli assistenti di volo di
Airitaly perché quelli bulgari, seppur autorizzati da ENAC, non parlano italiano.


La compagnia sceglie come strategia commerciale inedita di diventare icona del mondo arcobaleno LGBT sponsorizzando i Gay Pride in molte nazioni e partecipando con i propri uomini alle sfilate di drag queen. Ha inoltre adottato come proprio logo la Y usata dall’associazione YMCA, nota icona gay friendly, ricevendo premi come compagnia più “inclusiva” della IATA.
A tal fine viene messa sotto oneroso contratto un’attrice ed attivista gender americana nota come Pam Ann per la sua trasgressione irriverente.


Nelle città di tutto il mondo si sprecano le serate di gala con cocktails di presentazione dei lussuosi servizi di bordo e le sfilate delle assistenti di volo che indossano le nuove divise in panno rosso del Qatar.
Intanto la continuità territoriale sarda, storico mercato della Meridiana, viene persa ed il passivo aumenta a dismisura fino ad arrivare a 230 milioni di euro nel 2019, cioè il 70% del fatturato. Alla fine, nonostante una pregressa ricapitalizzazione, il passivo totale arriva ormai a quasi 360 milioni di euro raggiunto in poco più di 2 anni.
Del piano industriale di 2 anni prima non rimane più nulla: dei previsti 50 aerei ne rimangono ormai operativi soltanto 5.
Nonostante i numerosi appelli ed il grido di allarme lanciato da tutti i sindacati su questa gestione scellerata, le istituzioni ed il Governo italiano non sono mai intervenuti e si giunge al fatidico giorno 11 febbraio 2020 quando una fredda e stringata email del presidente Spada comunica cinicamente ai dipendenti, atterriti e stupefatti, la repentina ed irrevocabile
decisione degli azionisti di voler liquidare volontariamente, tramite una procedura “in bonis”, tutta la compagnia, mandando migliaia di dipendenti a casa, devastando così l’enorme patrimonio di professionisti specializzati italiani.
I dipendenti coinvolti direttamente sono 1500 famiglie ed altre 3500 nell’indotto a cui, a causa della procedura di liquidazione volontaria in essere, è di fatto preclusa l’accesso agli ammortizzatori sociali. Il governo italiano non è stato mai coinvolto precedentemente dall’azionista, né mai è stata annunciata una crisi aziendale.


Stupisce come sia mancata costantemente l’azione di verifica e controllo da parte degli azionisti sulla performance e sull’operato manageriale dei loro dirigenti di fiducia, regole di gestione che erano alla base delle premesse del piano industriale. Airitaly inoltre possiede le commesse del Ministero della Difesa per il trasporto nel mondo
delle Forze Armate italiane nei teatri operativi, lasciando quindi a piedi i nostri militari in missione.


Questo matrimonio d’interesse, fortemente voluto dal Governo Renzi, probabilmente non “s’aveva da fare”, in quanto i coniugi, entrambi principi islamici, non si amavano e mal si sopportavano sin dall’inizio, anche per motivi religiosi, visto che SAR Karim Aga Khan,
fondatore del Consorzio Costa Smeralda, guida il ramo ismaelita degli sciti, invece i qatarini, anche loro con grandi interessi economici in Sardegna, sono di rigorosa fede sunnita.
Come ciliegina su questa amara torta il liquidatore Enrico Laghi, scelto a sorpresa dai soci di Airitaly, è sorprendentemente proprio l’ex commissario di Alitalia che ha ricevuto, mentre era al tavolo di crisi Airitaly al MIT con il Ministro Paola de Micheli, un avviso di garanzia per false comunicazioni agli azionisti ed interesse privato nella gestione del commissariamento della ex compagnia di bandiera.
Oggi Qatar Airways ha mandato di soppiatto i propri piloti a riportarsi a casa i propri aerei dati in leasing, così come fanno i coniugi in una separazione giudiziale riappropriandosi dei beni di famiglia. Il Governo a questo punto dovrebbe avere il coraggio di affrontare la crisi
Airitaly in maniera sinergica a quella di Alitalia, costituendo un polo unico del trasporto aereo nazionale capace di fare sistema e sostenere in maniera più efficace la concorrenza dei competitori stranieri che predano costantemente il mercato e le finanze nazionali.
Ma per fare questo servirebbe un esecutivo autorevole e possibilmente sovranista…

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