Negazione dei diritti a minorenne extracomunitaria.

Da qualche anno sosteniamo e supportiamo una ragazzina che ha dovuto venire in Italia da un paese extraeuropeo per gravi motivi di salute, non affrontabili nella sua terra d’origine.
Sono stati seguiti tutti gli iter burocratici del caso e all’allora bambina, oggi adolescente, sono stati riconosciuti i diritti a rimanere sul territorio nazionale per le cure a lei indispensabili senza le quali non può sopravvivere.
Essendo minorenne, alla sua mamma è stato concesso il permesso di soggiorno in base all’art. 31 del Testo Unico Immigrazione, che consente al Tribunale dei Minori di autorizzare la permanenza del genitore.
Questo tipo di permesso prevede, per il famigliare, di poter lavorare, di avere la residenza e l’assistenza sanitaria.
Tutti diritti che decadono immediatamente, compresa la possibilità di lavorare, il giorno stesso di scadenza del permesso, diritti che, purtroppo, non permangono nel periodo di attesa del rinnovo, come, invece accade con qualunque permesso di soggiorno. 
Un vuoto legislativo enorme, che chiediamo alle istituzioni e alla politica di colmare urgentemente perchè i tempi del Tribunale dei Minori sono biblici e per queste famiglie è una catastrofe.
La mamma della “nostra” ragazzina ha presentato domanda di rinnovo al Tribunale dei Minori di Milano il 31 ottobre del 2018, con largo anticipo, in quanto il permesso scadeva il 20 aprile 2019. Dopo diversi solleciti, finalmente il 22 novembre 2019, ben oltre un anno dopo, è stata convocata dal giudice incaricato di verificare la sussistenza dei requisiti. A tutt’oggi non è pervenuta nessuna risposta, venendosi così a creare una situazione paradossale.
La signora, infatti, che non dispone di ricchezze, vive e mantiene sè stessa e la figlia, con il suo semplice lavoro da regolare contratto. Se non fosse per il buon cuore di chi l’ha assunta che non l’ha licenziata, come avrebbe invece dovuto fare, e che rischia pure una denuncia, questa piccola famiglia morirebbe di fame e di stenti. Nonostante la mamma paghi, come qualunque dipendente, i contributi previdenziali, non ha diritto alla tessera sanitaria, quindi non ha accesso all’assistenza sanitaria e potrebbe persino essere espulsa in qualunque momento, pur avendo una stabile residenza e un lavoro sicuro.
Oltretutto questo tipo di permesso non è convertibile, per esempio, in un permesso lavorativo, anche se la signora ha una regolare occupazione a tempo indeterminato. 
Se il Tribunale dei Minori, per questo genere di permessi, non riesce ad autorizzare il rinnovo entro termini ragionevoli, non sarebbe logico lasciare alla mamma e alle famiglie che vivono in questa sorta di limbo gli stessi diritti acquisiti con il permesso fino al rinnovo?

 

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